domenica delle palme

AFORISMI DEL SIGNORE

domenica 17 febbraio 2019

"BEATI VOI,POVERI,PERCHE'VOSTRO E' IL REGNO DI DIO" VI^DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C LETTURE: Ger 17,5-8; Sal 1; 1 Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-26

Liturgia della Parola

Domenica



17 FEBBRAIO 2019





VI^DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Anno C 




  
LETTURE: 


 Ger 17,5-8; Sal 1; 1 Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-26
 

 
Antifona d'ingresso   Sal 30,3-4 


Sii per me difesa, o Dio, 
rocca e fortezza che mi salva,
perché tu sei mio baluardo e mio rifugio;
guidami per amore del tuo nome.

 






COLLETTA
O Dio, che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva a te da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell'egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa' che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell'umanità rinnovata nel tuo amore.Egli è Dio e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.





LITURGIA DELLA PAROLA




 
 


PRIMA LETTURA

   Ger 17,5-8
Maledetto chi confida nell'uomo; benedetto chi confida nel Signore.
Dal libro del profeta Geremia

Così dice il Signore:
«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
e pone nella carne il suo sostegno,
allontanando il suo cuore dal Signore.
Sarà come un tamarisco nella steppa;
non vedrà venire il bene,
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è la sua fiducia.
È come un albero piantato lungo un corso d’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi,
nell’anno della siccità non si dà pena,
non smette di produrre frutti».
  C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.


SALMO RESPONSORIALE

Dal Salmo 1


Beato l’uomo che confida nel Signore.
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.


SECONDA LETTURA     

1 Cor 15,12.16-20
Se Cristo non è risorto,vana è 
 la nostra fede.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi


Fratelli, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti?
Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti.
Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.
Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.


C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.  



ACCLAMAZIONE AL VANGELO
 Lc 6, 23
Alleluia, alleluia.

Rallegratevi ed esultate, dice il Signore,
perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.

Alleluia. 





PROCLAMAZIONE DEL VANGELO






VANGELO 


Lc 6,17.20-26
Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.

Dal vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.


«Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.»
 



PENSIERO DELLA DOMENICA



Omelia nella Messa sul Monte delle Beatitudini
Qui in Galilea, su un colle come questo, Gesù all’inizio del suo magistero itinerante ha pronunciato un discorso, per così dire, inaugurale, ad annunciare la nuova presenza del Regno di Dio sulla terra.
Il discorso comincia con il passo famoso delle «beatitudini», nel quale viene esposto con straordinaria intensità lo «spirito» che deve animare e guidare i «figli del Regno». È un testo che è sempre di attualità: la Chiesa non si stanca di proporlo nella sua predicazione: per ben tre volte ricorre nella distribuzione annuale delle letture evangeliche delle Messe.
Anche noi non dobbiamo stancarci di meditarlo. Ed è grazia singolare la nostra di oggi, di poter ambientare le parole del Signore nei luoghi dove esse furono per la prima volta pronunciate, in modo da riscoprirne tutto il vigore e la nativa freschezza.
È una pagina difficile, perché più di ogni altra è cristianamente originale ed è lontana dalla maniera mondana di affrontare la vita, e perché è facile che venga piegata al servizio di qualche discutibile ideologia. Dobbiamo chiedere al Signore, che ci ha regalato la luce di questo splendido insegnamento, di farsi lui stesso luce dentro di noi, perché abbiamo a capire.
Prendendo a commentare queste parole di Cristo, sant’Ambrogio così pregava, con qualche umorismo: «Vieni, Signore Gesù, insegnami l’ordine delle tue beatitudini… Quantunque io comprenda qualche cosa, tuttavia comprendo solo imperfettamente… Ma Dio può far sorgere uomini dalle pietre e far venire fuori la parola da bocche chiuse, cavar la voce dai muti. E se aprì gli occhi all’asina, perché vedesse l’angelo, egli può aprire gli occhi anche a noi, perché riusciamo a vedere il mistero di Dio». (In Lucam, V,52). 
* * *
Consideriamo soltanto la prima beatitudine, che è diversamente
presentata da Luca e da Matteo;
Luca dice: «Beati voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio» (Lc 6,20),
e si riferisce evidentemente alla povertà effettiva e letterale.
Matteo dice: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli»
(Mt 5,3), e sembra sfumare e allargare il concetto in una prospettiva più spirituale
(si potrebbe tradurre: «Beati coloro che hanno un’anima da povero»).
Non si tratta di scegliere tra i due evangelisti: tutte e due le versioni ci sono garantite dallo Spirito Santo. Dobbiamo piuttosto vedere nelle due forme due modi complementari di rendere tutta la pregnanza del termine usato da Cristo e tutta l’energia della sua proposta di vita. Gesù certamente voleva parlare dei «poveri veri», ma visti anche come esempio e modello per tutti, perché tutti si sforzino di diventare i «poveri di Jahvè»; vale a dire: gente che vuole appoggiarsi soltanto su Dio.
* * *
I poveri di cui qui si parla sono prima di tutto i poveri nel senso letterale del termine: coloro che in realtà non hanno mezzi; coloro che non trovano sicurezza in ciò che possiedono, perché non possiedono nulla.
Gesù li ritiene «beati»: essi sono posti nelle migliori condizioni per accettare il discorso del Regno. Quelli invece che abbondano di garanzie terrestri e di beni, di solito fanno fatica a capire; anche se neppure loro sono esclusi dal Regno, perché Dio è capace di far passare perfino i cammelli per le crune degli aghi.
Gesù ritiene «beati» i poveri sul serio, ma non per questo vuole che restino sempre poveri, così come non proibisce di asciugare le lacrime a quelli che piangono (e che sono anch’essi «beati»).
I poveri veri vanno prima di tutto rispettati. E si manca loro di rispetto quando li si imita in modo esteriore, scenografico, sostanzialmente falso (ed è un gioco che i ricchi, nella loro sazietà e nella loro noia, amano talvolta giocare).
Si «gioca ai poveri», quando ci si vanta di «non pensare al denaro» o si accusa qualcuno di «pensare al denaro», e si dimentica che i poveri veri pensano sempre al denaro, proprio perché non ce l’hanno e ne hanno un bisogno vitale.
I veri poveri non si vestono volentieri da povero, se possono farne a meno, perché hanno sempre paura di essere costretti effettivamente a farlo un giorno o l’altro. Sono i giovani ricchi che si divertono a mettersi in divisa da straccioni.
I veri poveri non hanno nessuna voglia di restare poveri, ma si danno da fare per migliorare almeno un poco la loro condizione. Solo i ricchi ci prendono gusto a giocare alla povertà e magari, senza rinunciare a niente delle loro sicurezze e dei loro agi, si credono cristianamente avanzati perché pretendono di farsi profeti della «Chiesa dei poveri».
* * *
Tutti però, quale che sia il nostro stato, dobbiamo mirare allo «spirito di povertà» come a un ideale necessario di chi vuole essere discepolo del Signore.
È povero in spirito colui che non vuol riporre la sua fiducia vera in alcun mezzo umano, né in quelli che di fatto possiede né in quelli che in futuro potrebbe possedere.
E le «ricchezze» possono essere di varia natura: ci sono i beni economici, ma ci sono anche le posizioni di potere, il prestigio della cultura, le amicizie che contano, le conoscenze famose e utili, le consorterie partitiche, corporative, sindacali ecc. È dunque un concetto di «ricchezza» vario e complesso, che include anche le pensioni cospicue, le forme assicurative, i grandi progressi della medicina e della chirurgia.
Non è che siano cose condannabili: è che bisogna abituarsi a non contare su questi «tesori» mondani, ma solo sul Dio vivo, l’unico che può salvare, l’unico che non delude. Anche ai cristiani è dato di possedere, ma lo devono fare – secondo la parola di san Paolo – come se non possedessero» (1 Cor 7,30).
* * *
Nessuno però può illudersi di vivere secondo lo «spirito di povertà», se questo spirito non trova anche qualche forma di espressione concreta. Bisogna che in ogni esistenza cristiana ci siano dei «segni» che dimostrino e ricordino, che non si ha il cuore attaccato ai beni del mondo, ma si riconosce nel Signore la nostra unica e vera eredità.
Questi «segni» possono essere di varia ampiezza e varia intensità, a seconda della propria situazione, della propria vocazione, del proprio grado di carità.
Si va dall’abbandono di ogni possesso (come è tipico del voto di povertà nella vita religiosa) fino a qualche decisione meno impegnativa ma ugualmente piena di significato.
Per esempio, la rinuncia a qualche agio, liberamente decisa; la rinuncia a qualche rivendicazione; la rinuncia a un tenore di vita dispendioso, che leghi troppo l’anima alle cose del mondo.
È necessario che ci sia anche il sacrificio di qualche parte dei propri averi – naturalmente in modo compossibile con le proprie responsabilità familiari e sociali – per alleviare la miseria dei fratelli, per mettere la Chiesa nelle migliori condizioni di svolgere la sua missione apostolica, per favorire qualche causa vantaggiosa per l’umanità.
Il Signore, che qui ci ha dato questo luminoso insegnamento, ci aiuti a comprenderlo e a tradurlo in decisioni di vita.
Card.Giacomo Biffi
Mercoledì 7 ottobre 1987



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"BEATI I POVERI IN SPIRITO"

a cura di GESU'DI NAZARETH BLOG











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